Fonte: Asia Times Online
Sia l’India che il Giappone stanno attraversando il processo necessario a procurarsi nuovi caccia bombardieri che resteranno in dotazione fino alla metà di questo secolo. I due paesi potrebbero addirittura finire per acquistare lo stesso tipo di velivolo. Qui finiscono tuttavia le affinità tra i due paesi.
Le circostanze infatti in cui i due paesi stanno conducendo tale processo non potrebbero essere più diverse. Un’India esuberante si è lanciata con energia sulla piazza del mercato, mentre un Giappone piuttosto insicuro si attarda alle sue porte, quasi abbia dimenticato che cosa fosse venuto a comprare. Il nocciolo duro di tale differenza è dato dal fatto che la scelta indiana non è sottoposta ad alcun vincolo di natura politica ed è assolutamente libera di optare per il miglior aereo alle migliori condizioni possibili. La selezione giapponese invece, è del tutto limitata da considerazioni politiche, siano esse di natura domestica o internazionale.
I maggiori produttori mondiali dell’industria aereonautica si sono precipitati in India come corteggiatori impazziti d’amore; l’oggetto del loro desiderio è un contratto da 126 miliardi di dollari per un totale di 126 aerei, e forse anche qualcosa in più per il futuro, nonché l’accesso privilegiato al programma militare da 80 miliardi di dollari che l’India spenderà per la sua difesa nei prossimi cinque anni.
L’approccio indiano al suo approvvigionamento per la difesa è stato spesso piuttosto disorganico, ma questa volta ha centrato il segno. La Air Force indiana è stata d’altronde molto precisa circa i requisiti dei velivoli di cui ha bisogno: si tratta di cosiddetti medium multirole fighter aircraft (MMRCA), un tipo di apparecchio in grado di competere con qualsiasi altro caccia esistente al di fuori dell’invisibile F-22 Raptor americano. Questi apparecchi forniranno all’India un valido deterrente contro la minaccia cinese e pakistana, fino a che il più avanzato caccia di “quinta generazione” attualmente in fase di progettazione con la collaborazione della Russia sarà pronto presumibilmente a partire dal 2020.
I fornitori hanno subito risposto alla precisa commessa indiana, e fino ad oggi sei compagnie si sono iscritte alla competizione che garantirà ad una di loro il più imponente contratto di difesa attualmente disponibile al mondo. Questo fatto ha dato all’India uno straordinario potere di contrattazione, non da ultimo perché gli Indiani hanno fatto chiaramente capire che tutti i partecipanti hanno valide possibilità di vincere. A condizione naturalmente che essi siano disposti ad accettare le esigenti condizioni di Nuova Delhi.
Ad un primo sguardo l’India sembra avere forti motivazioni politiche per favorire uno dei due fornitori americani – Boeing e Lockheed Martin – visto che le relazioni tra Washington e Nuova Delhi appaiono sempre più amichevoli. E il Presidente Barack Obama non mancherà certo di sottolineare questi incentivi politici quando busserà alla porta dell’India a Novembre, con i modellini dei suoi caccia nella sua ventiquattrore. Tuttavia fonti vicine alla competizione suggeriscono che gli apparecchi americani non hanno brillato nella valutazione tecnica della Air Force indiana, che sono poco competitivi dal punto di vista del costo e che il livello di trasferimento di tecnologia promesso è apparso piuttosto deludente. “Dobbiamo ottenere un pieno trasferimento di tecnologia: l’India non si smuoverà di un millimetro da questo punto,” riferisce Arun Sahgal, portavoce dell’Agenzia per la Difesa indiana (United Services Institute). “Alcuni offerenti dovranno rivedere i loro prezzi al ribasso ed offrire qualcosa in più che la semplice licenza di manifattura”.
I rivali degli Americani si stanno battendo strenuamente. Sahgal descrive l’offerta di un totale trasferimento di tecnologia avanzata dalla compagnia svedese Saab come “fenomenale”; lo Eurofighter Typhoon è considerato estremamente competitivo dai decision-makers indiani; e anche la Russia, partner di vecchia data dell’India nei programmi di difesa, è considerata come una valida alternativa di riserva con i suoi MiG-35. Il punto è che gli US – come del resto gli altri partecipanti alla competizione – devono offrire un affare davvero allettante se vogliono assicurarsi il contratto, non solo vaghe prospettive di una futura amicizia americana.
Mentre la competizione indiana scivola rapidamente verso il verdetto (atteso per giugno 2011), il programma di approvvigionamento di caccia bombardieri giapponese sembra essersi impantanato in una palude. Dopo continui rinvii, i leader economici e finanziari del Giappone hanno cominciato a discutere dell’eventualità che Tokyo si decida finalmente a formalizzare una richiesta di proposte (Request for Proposal, RfP) per il suo futuro programma di caccia bombardieri, denominati F-X, per il mese di ottobre.
Formalizzare tale richiesta potrebbe portare a prendere la decisione nel giro di un anno e alla consegna degli aerei nel 2016.
Ma questo non accadrà. Il governo giapponese – esso stesso in un continuo stato di instabilità – sta riconsiderando l’intero Programma di Difesa Nazionale (denominato National Defense Program Guidelines, NDPG), il cui aggiornamento è atteso per la pubblicazione in dicembre. Tale aggiornamento non dovrebbe andare a modificare la richiesta di proposte per il programma di F-X. Il Giappone ha una flotta di F-4 ormai vecchi di 40 anni che deve assolutamente rimpiazzare al più presto: essi saranno presto pronti per la rottamazione, indipendentemente da cosa dirà il nuovo NDPG. Ad ogni modo il programma F-X è vittima dell’esteso malessere politico giapponese. Il Ministro della Difesa si è rifiutato di annunciare quando l’RfP sarà avanzata formalmente e pare probabile che ciò non avverrà prima del 2011 al più presto.
Più serio è il fatto che, come implica la revisione stessa del NDPG, il Giappone si trova in una impasse strategica. Inclinazioni al pacifismo sono in conflitto stridente con la realtà geostrategica: se da un lato Tokyo comprende appieno le argomentazioni a favore di un atteggiamento maggiormente assertivo nelle questioni della difesa, dall’altro è paralizzato dal peso del suo bagaglio storico e dalla sua cultura politica ultra-conservativa.
E adesso che si trova a doversi procurare nuovi caccia, potrebbe prendere decisioni del tutto errate. Nonostante come in India si enfatizzi l’importanza del trasferimento di tecnologia e la necessità di un coinvolgimento dell’industria locale, il Giappone potrebbe finire per non assicurarsi nessuna delle due cose. La sua richiesta di soli 40 o 50 caccia F-X non è sufficiente per creare delle economie di scala necessarie a costituire una linea di produzione locale, e Tokyo non è, diversamente dall’India, nella posizione di esigere un esteso trasferimento di tecnologia e prezzi concorrenziali.
Significativamente, solo tre contendenti hanno mostrato un chiaro interesse nella competizione giapponese: due compagnie americane e Eurofighter. Lo Eurofighter Typhoon è sotto molti aspetti la proposta più forte: un bireattore (e quindi un’ottima scelta per le mansioni di pattugliamento marittimo) e migliore in compiti di superiorità aerea, requisito di cui il Giappone ha assolutamente bisogno. Inoltre offrirebbe anche la possibilità di partecipazione all’industria locale.
Ma qualsiasi considerazione tecnica o industriale sarà calpestata da prerogative politiche. “Il Giappone opterà per la soluzione americana, è molto semplice,” sostiene Christopher Hughes, professore di studi internazionali e politica giapponese alla Warwick University. ”Non ci sarà un’analisi accorta della questione: sceglieranno l’opzione americana per ragioni di alleanza.”
Le opzioni americane sono il Boeing F/A-18 Super Hornet – un caccia polivalente a reattore singolo che stenta a soddisfare la richiesta giapponese di un jet bireattore da superiorità aerea – e il Lockheed Martin F-35 Lightning II, una scelta questa molto costosa che è ancora in fase di sviluppo e che potrebbe essere fornita a Tokyo solo “fuori catalogo”.
Sicuramente nessuna delle due proposte americane è abbastanza forte da rendere quella europea non competitiva – se non fosse per la radicata avversione giapponese a voltare la schiena alla sua alleanza con gli US, anche se a sue grandi spese. La quasi certezza della scelta per l’opzione americana spiega inoltre perché una sola compagnia non americana abbia accettato la sfida.
La mancanza di competizione non può essere che un male sia per i contribuenti che per i militari giapponesi, soprattutto se essa non si concluderà con l’acquisto dell’aereo di cui il Giappone ha veramente bisogno. Tuttavia sarà il pregiudizio politico, e non i requisiti di difesa, a guidare la decisione di Tokyo.
Nell’analisi finale Tokyo ha previsto di investire fino a 10 miliardi di dollari per 40 o 50 caccia: lo stesso budget che New Delhi ha messo da parte per 126 jet di simile capacità. E non c’è bisogno di essere un top gun per capire chi sta facendo un buon affare.
Trefor Moss è un giornalista free-lance che si occupa di politica dell’Asia, in particolare di questioni di difesa, sicurezza ed economia.E’ stato editore per l’Asia-Pacifico del Jane’s Defence Weekly.
(traduzione a cura di Mario Vincenzo Casale)